FIORELLA RIZZO risponde alle cinque domande di Hidalgo

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Fiorella Rizzo considera l’arte anzitutto un processo gnoseologico, di conoscenza delle cose del mondo. La sua indagine si esprime attraverso il linguaggio della materia nelle sue molteplici declinazioni (terra, vetro, plexiglass, fotografia, video) e si intrattiene anzitutto sul rapporto fra l’Io e il processo creativo.

L’artista pugliese, che ha vissuto per anni fra Roma e Londra, risponde al questionario proustiano intrattenendosi sul concetto di bellezza e sottolineando la capacità dell’arte di resistere al logorio del tempo e alle logiche del mercato.

1) Qual è il ruolo della comunicazione, anzi della ipercomunicazione tipica dei nostri tempi, nel condizionare le dinamiche del mondo dell’arte?

L’opera d’arte è, e rimane, l’unico valore a prescindere da tutto ciò che le ruota intorno, da dove è collocata, da chi è sponsorizzata e pubblicizzata. Negli ultimi anni, con il sopravvento delle logiche e delle tecniche del mercato, è diminuita la sua centralità.

Negli anni Novanta, anni in cui vivevo per lo più a Londra, ricordo bene tutte le strategie pubblicitarie di Saatchi, ma la nostra formazione artistica e culturale, quando si rifugge da ogni provincialismo, fa si che si sappia valutare la qualità di quanto il “sistema” propone o avalla.

Naturalmente non sottovaluto le difficoltà che l’attuale sistema può creare all’artista. L’ “ipercomunicazione”, infatti, gioca un ruolo fondamentale anche nelle quotazioni.

È mia convinzione che il tempo nell’arte sia solo nel suo farsi linguaggio, questo spiega perché essa sfugga sempre ai sistemi economici e sopravviva ad essi.

2) In che misura e in che modo la crisi economica e di valori che attraversa l’intero Occidente riverbera e influisce sull’arte contemporanea?

Sono tornata da poco da Londra, dove mi sono fermata a lungo. Mancavo da tre anni e ho visto che ciò che era già grande si è ulteriormente ingigantito. Parlo naturalmente delle gallerie. A certi livelli la crisi non si percepisce, anzi tutto diventa una garanzia per gli investimenti. A che serve dire che spesso il contenitore-galleria è più importante del contenuto?… Ma per fortuna non è sempre così, perché i valori sono per l’artista una condizione da cui non può prescindere e sono indipendenti dal contesto favorevole o sfavorevole in cui si trova ad operare. Vedo, come ho sempre visto, che le risposte e la sfida sono nel saper vivere l’Arte ed essere nell’Arte, con la consapevolezza che essa è sempre oltre i “sistemi” perché sa sfidare i contesti storici e il tempo.

“Penso in anni luce agisco in secondi” è una frase che scrissi per la prima volta nel 1976 su una cartolina rappresentante la mano del David di Michelangelo. L’ho riscritta di recente anche su una foto delle mie mani, perché sintetizza ciò che penso dell’artista e dell’opera.

3) Esiste ancora una autonomia e un ruolo per il critico d’arte?

Il critico può scegliere se identificarsi e, quindi, essere subalterno al “sistema” o sviluppare uno sguardo meno condizionato e omologato. Cito a questo proposito parte di un mio testo in occasione della mostra “Dissertare\Disertare” del 2006. Scrivevo: “L’Arendt propose di ‘riabilitare l’attività del pensiero come unico antidoto non solo ai sistemi totalitari, perché come dice Julia Kristeva: l’automatizzazione del pensiero che ella aveva preannunciato, nel mondo moderno investe le attuali democrazie che banalizzano l’individuo con la forza della tecnica, del mercato, dello spettacolo’. Come non essere d’accordo, ma allora per ‘dissertare’ occorre disertare ‘l’automatizzazione del pensiero’, l’autoassoluzione per omissioni e sottomissioni e i numerosi specchi magici in azione. Per vedere occorre che gli specchi ridiventino vetri.”

4) Che ruolo gioca il sistema dell’arte nella selezione delle figure influenti e di successo?

Il sistema dell’arte, in quanto sistema economico, ha un ruolo determinante nella selezione, ma l’effettivo valore sarà sempre confermato dalla Storia. Già ora certe figure di successo sono messe in discussione, e non è una questione di gusto. Nell’arte ci possono essere più o meno affinità, ma mai questioni di gusto, perché l’opera d’arte prescinde dal gusto. Credo nell’ oggettività dell’arte e meno in quella del fruitore, proprio per quei condizionamenti di cui si è detto sopra.

5) Quali ti sembrano le figure intellettuali (curatori, direttori di musei, filosofi) prestati all’arte di maggior interesse?

Comincio da Platone, dal momento che dialogo con tutti coloro che ho scelto come interlocutori, superando la separazione tra passato, presente e futuro, che sappiamo essere solo un’illusione. Ho un intenso dialogo con tutti coloro che affrontano e si confrontano con i temi fondamentali della “conoscenza”, compreso il mistero della mente e della “bellezza”, considerata fondamentale anche nelle più innovative scoperte scientifiche. Paul Dirac afferma, infatti, che fu “il suo acuto senso della bellezza” alla base del suo famoso teorema. Accade invece, a volte, che proprio nel mondo dell’arte vi sia un approccio più sociologico o condizionato da altri fattori che non aiutano la comprensione e generano ulteriore confusione (vedi anche “L’arte espansa” di M. Perniola).

Alla luce di queste considerazioni, scelgo di citare per affinità Amnon Barzel, Maria Grimaldi Gallinari, Mario de Candia, Vittoria Biasi, Laura Tansini. E poi Achille Bonito Oliva per il suo straordinario “sguardo” (concordo con Daniela Perego). E poi ancora Stella Santacatterina, per la fondamentale peculiarità di comprensione dell’opera. Ricordo, inoltre, Filiberto Menna per il suo pensiero critico anche sulla “Critica”.Concludo con una delle massime di Goethe: ” (…) il fatto che molti provino piacere al cospetto di cose insulse e insignificanti, purché siano nuove, è dovuto alla mancanza di abitudine a godere del bello. Ogni giorno bisognerebbe, se non altro, ascoltare una breve romanza, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro e dire, possibilmente, qualcosa di intelligente”.

Fiorella Rizzo

Il rapporto arte-vita si delinea strettissimo nella ricerca di Fiorella Rizzo, caratterizzata sin dai primi anni Settanta da una forte prevalenza plastica, anche se proveniente dalla sezione di Decorazione dell’ Accademia di Belle Arti di Lecce, sua città natale. Nel 1974 si trasferisce a Roma, le sue prime mostre personali sono: Roma 1975, Bari 1977, Salerno 1978, Roma 1979. Nel 1981 è presentata da T. Trini nella mostra “Arte e Critica” a cura di I. Panicelli alla Galleria Nazionale d’ Arte Moderna, Roma e nel 1982 “Art and Critics, Selection” a Chicago. Partecipa a numerose mostre collettive tra cui: “Tridimensionale” 1984, Termoli a cura di F. Menna; “Villa Massimo Arte”, a cura di I.Panicelli;  “Il colore dei miracoli” 1987 e “Il paese delle meraviglie e le Tavole della Legge. La collezione di Carlo Cattelani” a cura di L. Pistoi, Castello di Volpaia 1987 e 1994. Dal 1989 al 1992 è in vari Musei degli USA, tra cui: The Philips Collection, Washington; Everson Museum of Art, Syracuse, New York State; The High Museum at Georgia, Atlanta; con la mostra “Eternal Metaphors” a cura di S.Sollins. 1990 “ICI”, Bess Culter Gallery, New York. Nel 1991 e nel 1993 espone “Cripta” e “Naulo”nella Galleria Stefania Miscetti, Roma. Dal 1994 al 2003 vive per lunghi periodi a Londra, ma partecipa a numerose mostre in Italia tra cui: “La Sonnambula” a cura di S. Wasserman 1994, Temple Gallery, Roma; “Isole del Disordine” a cura di A. Cerignola, S.Agostino Cortona; “Lo spazio della scultura” a cura di L. Pratesi, Cinecitta 2, Roma; “Rilief minimaux” a cura di F. Di Castro Passage de Retz, Paris; “Nutrimenti dell’ Arte”  a cura di A. Bonito Oliva, 1995, La Salerniana, Erice; “Lavori in corso” 1997 a cura di G. Bonasegale, GCAMC (Macro), Roma; “Dadaismo-Dadaismi” 1997 a cura di G. Cortenova, Palazzo Forti, Verona. Nel 1998 “Imàgines de Culto, La collezione di C. Cattelani” 1998, a cura di M. Marco, Valencia e “1 Biennale dei Parchi Natura Ambiente a cura di A. Bonito Oliva, Ambasciata Francese, Roma. Nel 1997 “Scatola nera” è la mostra personale alla Galleria Martano, Torino. Dal 2000 al 2002 realizza nella metropolitana londinese “Kaledescope” esposto nel 2002 alla Essor Gallery, Londra e nel 2006 nel “Festival della FotoGrafia” a cura di M. Delogu, Villa Poniatowski, Roma. Tra le numerose mostre collettive: “Elsewhere Wbd” 2002, Essor Gallery, Berlino; XII Biennale d’Arte sacra presentata da G.Billi (2006), “Dissertare\Disertare” a cura di G. Cianfanelli, S. Litardi al Centro Internazionale per l’ Arte Contemporanea, Genazzano,(2007). “Dalla luce all’attimo” 2007, a cura di Paolo Aita è la mostra personale alla Galleria Vertigo a Cosenza; nel 2007 “FRAIL”, la collettiva a cura di M. de Candia e Patrizia Ferri, hynnact studio, Roma e “Invita”, a cura deli artisti a Casa Bulgari, Roma. Nel 2009 in Belgio a Grenzeloos “Senza Confini Staturòs Italia”; “Tornare@Itaca a cura di M. Pasqua e F. Gordano, Museo Civico dei Bretti e degli Enotri, Cosenza e Fondazione Mudima, Milano. Nel 2010 “Inopera”, a cura di A. Paolucci, Macerata e nel 2011. Nella mostra”Arte dopo la Fotografia 1850 – 2000” a cura di A. Rorro, Galleria Nazionale d’ Arte Moderna, Roma, è presente con un’opera della Collezione. Dal 2013 è al MUST di Lecce con “Cripta”, opera in permanenza al Museo. Nel 2013-14 la mostra antologica “InOltre” a cura di Amnon Barzel al Museo Carlo Bilotti, Roma e in concomitanza la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma espone un’altra sua opera della Collezione. “Cerchi d’acqua” 2014 è una mostra personale a Casa Pasca, Cocumola (Le). Nel 2015 partecipa alla “4 Edizione della Biennale de Fin del Mundo” Plaza de l’Acqua, Argentina nel progetto speciale a cura di Vittoria Biasi ed è presente nella mostra “Mito sepolto” a cura di Luigi Paolo Finizio al Museo Civico dei Bretti e degli Enotri a Cosenza.

“Irradiazione” 2015 è il titolo della personale nella Galleria Beaarte, Roma.

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