ROBERTO PIETROSANTI risponde alle cinque domande di Hidalgo

tra le mie cose in studioRoberto Pietrosanti, aquilano naturalizzato romano, è un artista raffinato che frequenta l’equilibrio nel trinomio idea-materia-forma. Il suo rapporto con l’architettura si palesa nel binomio progettazione-realizzazione, due momenti di egual importanza nella genesi del suo lavoro. Emerge dalle risposte al questionario proustiano il suo rapporto virtuoso con i nuovi mezzi di comunicazione. Ci convince quando sottolinea l’importanza di indagare i nuovi mezzi di comunicazione (come mezzi e non come fini), vincendo il senso di inadeguatezza, scongiurando il pericolo di diventarne schiavi.

Qual è il ruolo della comunicazione, anzi dell’ipercomunicazione tipica dei nostri tempi, nel condizionare le dinamiche del mondo dell’arte?

Come osservò Gino De Dominicis: “Non esiste il mondo dell’arte, esiste il mondo!”.

Il tema dell’ipercomunicazione rappresenta una grande rivoluzione. L’era digitale ha stravolto tempi e modi del comunicare, del vivere, non ci sono dubbi. La mia generazione, la “generazione di mezzo”, soffre una sorta di inadeguatezza, fatica a relazionarsi con la velocità, non siamo preparati.

Per quanto riguarda gli artisti (non solo gli artisti, ma qualsiasi attività che l’uomo voglia intraprendere) e il loro lavoro, la tecnologia è un’opportunità, bisogna saper cogliere il senso profondo, osservarne le sfumature, cercando di non farsi sopraffare dal mezzo.

Comprendo che chi, come me, era abituato a tempi diversi, possa avere timore e sentirsi inadeguato: accettare i grandi cambiamenti è sempre stata una sfida.

Pur essendo stato tra i primi artisti ad avere a Roma una connessione internet e a usare i sistemi informatici come supporto al lavoro, non credo che un mezzo possa fare miracoli o sostituire l’ingegno umano, può servire di supporto, a fare meglio e più velocemente un lavoro, un’operazione. Sta a noi saperlo governare, discernere le caratteristiche.

Io sono sempre stato a favore del progresso, l’intelligenza umana ha il dovere di progredire, oggi ci troviamo dinanzi un mondo nuovo, nuove possibilità di espansione della mente, nuovi confini. Eppure gli effetti di questa velocità, per quanto mi riguarda, mi fanno apprezzare alcune lentezze, come se tendessi un elastico, un risultato proporzionato.

Non bisogna essere schiavi di uno strumento, è necessario tenere tutto insieme, arredare la memoria con il vecchio e il nuovo, farli convivere in armonia, questo (credo) è il segreto.

Spesso sento dire dagli artisti che l’ipercomunicazione danneggia il lavoro… Non sono d’accordo, siamo usciti da un quartiere culturale e ci troviamo a confrontarci con il mondo esterno, vasto e pieno di gente con talento. Il confronto è durissimo, immediato e crudele.

I mezzi cambiano, ma le dinamiche sono sempre le stesse: gli artisti che emergono, i grandi maestri sono stati dei conquistatori spietati.

Oggi il problema (fisiologico) è trovare un ordine al caos, la comunicazione viaggia ad una velocità pericolosa, siamo impreparati, ci ha colti tutti di sorpresa. La cosa migliore è avere fiducia nelle proprie idee, non abbattersi di fronte a nulla, Davide contro Golia per intenderci.

In che misura e in che modo la crisi economica e di valori che attraversa l’intero Occidente riverbera e influisce sull’arte contemporanea?

Non c’è crisi economica che possa ostacolare la volontà di un artista. L’economia serve a “distribuire” l’arte, da sempre è così, un banco di riscontro per tutti gli artisti.

Non bisogna farsi influenzare troppo dall’economia e dalle crisi, l’arte, per antonomasia, è fuori dai tempi e dalle dinamiche della realtà quotidiana.

Essere artista e fare l’artista sono due cose diverse, spesso in conflitto, di rado in perfetta sintonia. Generare un’economia intorno ad un lavoro d’arte è un fatto complesso e misterioso. Oggi sento molti artisti lamentarsi di non guadagnare abbastanza con il proprio lavoro, la “crisi”… Mi farei altre domande.

Non mi pare che l’arte contemporanea soffra una crisi, basta dare un’occhiata al mercato globale per rendersi conto di transazioni folli, innumerevoli strutture in costruzione, un pubblico sempre più attento, fiere d’arte contemporanea e biennali d’arte ovunque nel mondo.

La crisi riguarda altri valori, ben più profondi dell’economia.

 

Esiste ancora una autonomia e un ruolo per il critico d’arte?

Siamo nel caos. Attribuire ruoli in un momento di cambiamenti epocali è complesso.

Bisognerebbe domandarsi cos’è un critico d’arte? Ricordiamoci che si tratta di un ruolo relativamente recente…

Personalmente preferisco la figura dello storico dell’arte o la figura dello studioso d’arte, quei personaggi in grado di indicare percorsi, fare confronti e sostenere gli artisti nelle scelte.

Governare il proprio talento è la cosa più difficile, trovare una guida, una complicità, è una risorsa propulsiva.

 

Che ruolo gioca il sistema dell’arte nella selezione delle figure più influenti e di successo?

Il “sistema dell’arte” seleziona figure che sanno fare le scelte opportune per ottenere successo. E’ molto interessante, in tal senso, osservare la storia: come già detto, cambiano le forme e i contesti, ma non la sostanza.

Tutti noi artisti vorremmo raggiungere il successo, ogni artista crede di rappresentare la Storia. Non è così, bisogna farsene una ragione. Non voglio dire che tutto quello che ha successo è sinonimo di qualità, ma so anche quanta fatica e quanti sacrifici occorrono per stare al gioco. Ammiro tutti coloro che resistono alle pressioni del successo. Io cerco di imparare come si fa, di imitarli più che combatterli.

 

Quali ti sembrano le figure di intellettuali (curatori, direttori di museo, filosofi) prestati all’arte di maggiore interesse ?

Non oso rispondere…

Roberto Pietrosanti nasce a L’Aquila. Vive e lavora a Roma. Il percorso di Pietrosanti si svolge all’interno di una rigorosa monocromia, allargandosi al confronto con l’architettura. Nascono da tale ricerca i vari interventi in importanti progetti architettonici, a cominciare dal 1999. Nel 2000 vince il concorso di idee per la risistemazione di Piazza Augusto Imperatore a Roma. In parallelo, l’artista affronta anche una serie di progetti per il teatro e la danza contemporanea. Si segnala la realizzazione di un’opera monumentale a Ravenna, occasione nella quale Pietrosanti ha lavorato per la Compagnia del Progetto a fianco degli architetti Franco Purini e Carlo Maria Sadich, con la direzione artistica del Prof. Arch. Francesco Moschini, A.A.M. Architettura Arte Moderna Roma.

Negli anni più recenti si evidenziano la partecipazione alla rassegna internazionale Monocromos. Da Malevic al presente, Centro de Arte Contemporanea Reina Sofia, Madrid 2004, a cura di Barbara Rose, in cui Pietrosanti realizza una piccola architettura in pietra, e l’invito alla X edizione della Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2009 partecipa alla mostra Confines, a cura di Vincenzo Trione e Consuelo Císcar Casabán, negli spazi del Museo IVAM di Valencia. A settembre 2012 ha inaugurato un’imponente installazione sulla scalinata esterna del Museo dell’Ara Pacis: l’opera verrà successivamente collocata all’interno di Parco Nomade della Fondazione Volume!, nella riserva naturale della Tenuta dei Massimi a Roma. Nel 2013 ha partecipato alla mostra “Post Classici” a cura di Vincenzo Trione all’interno dell’area archeologica del Palatino/Foro Romano, con un’istallazione composta da otto colonne a Vigna Barberini.

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