ISTANBUL, l’arte al centro dei conflitti 100 opere tra integralismo e modernità, di Sara Grattoggi (La Repubblica, 9-12-2015)

MAXXI_Istanbul_AliTaptik_Tangent_2011_014
Le trasformazioni sociali e urbane, le tensioni e i conflitti politici l’hanno resa il simbolo di un cambiamento globale. Che il Maxxi ha deciso di raccontare, attraverso oltre cento opere di 45 fra artisti e architetti, nella mostra “Istanbul. Passione, gioia, furore”, seconda tappa del progetto dedicato alle realtà culturali del Mediterraneo, iniziato nel 2014 con l’esposizione dedicata all’arte contemporanea iraniana.
Curata da Hou Hanru, Ceren Erdem, Elena Motisi e Donatella Saroli, la mostra che si apre venerdì esplora i cambiamenti urbani della città, con particolare attenzione alla gentrificazione, alla crisi ecologica e alle iniziative di autorganizzazione, evidenzia i conflitti politici e la resistenza — con opere che trattano temi legati alla giustizia e alla violenza — ma anche le urgenze geopolitiche, come la questione delle minoranze e dei rifugiati. Proponendo però anche soluzioni nuove, all’insegna della speranza. Tutto questo in un percorso che coinvolge grandi opere, nuove produzioni artistiche, testimonianze audio e video, in una molteplicità di linguaggi.
Si parte dalle proteste di Gezi Park del 2013, diventate simbolo della resistenza della società civile contro la regressione della democrazia, con opere che raccontano le riflessioni scaturite dall’esperienza, come il film di animazione “ Rose Garden with the epilogue” di Extrastruggle. Mentre la trasformazione urbana è al centro della sezione “ Ready for a change?”, con il progetto “ Mapping Istanbul in 2015” del gruppo di architetti Superpool o il video “Wonderland” di Halil Altindere.
In “ Can we fight back?” si esplorano, invece, i conflitti sociali e politici, con i lavori, ad esempio, di Sarkis, l’artista che ha rappresentato il padiglione turco all’ultima Biennale d’arte a Venezia. Mentre al tema del lavoro sono dedicati i video di Ali Kazma o Burak Delier. Alla Istanbul storicamente cosmopolita, ma anche all’impatto che i rifugiati di oggi avranno sulla città è dedicata la sezione “ Home for all?”, con i lavori sulla memoria multi-etnica di Hera Büyüktasçiyan o i ritratti di profughi recentemente trasferiti in città di Mario Rizzi e Cengiz Tekin. Si proietta, infine, nel futuro, con opere che rivelano l’esistenza di un laboratorio per la costruzione di alternative possibili, l’ultima sezione, con la performance del collettivo Ha Za Vu Zu, il lavoro site specific di Ceren Oykut che invade le pareti del museo con disegni in grande scala e il video di Inci Eviner “ Nursing Modern Fall”.
Ad accompagnare la mostra, aperta fino al 30 aprile, il 30 e il 31 gennaio due appuntamenti de “La storia in movimento. Racconti del cinema turco dagli anni Sessanta ad oggi”, a cura di Italo Spinelli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I LAVORI ESPOSTI
Al centro, e l’opera di Alil Altinder “Carpet Land” del 2012. Sopra, di Zeyno Pekünlü, “At the Edge of All Possibles” del 2014. In alto a destra, l’opera tratta dalla serie “ Drift – Nothing Surprising” del 2009-2013 di Ali Taptik. In basso a destra, di Güne? Terkol, “Against the Current” del 2013

About The Author

Related posts

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.