HENRY MOORE NELLE GRANDI AULE DELLE TERME DI DIOCLEZIANO, di Giulia del Papa

HenryMoore_Roma «La scultura è come un viaggio. Hai differenti visioni ad ogni ritorno. Il mondo tridimensionale è pieno di sorprese, in un modo in cui quello bidimensionale non potrebbe mai essere», Henry Moore

Viene forse da chiedersi per quale motivo Henry Moore abbia scelto di definire la scultura un viaggio, ma di fronte all’opera che accoglie il visitatore alla mostra allestita nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano tutto appare chiaro.
Figura distesa (Forma esterna) del 1953 – 1954 si presenta come una cavità dalle linee morbide, un guscio esterno che conduce lo spettatore all’interno della forma plastica ribaltando così la tradizionale concezione della scultura. L’opera conservata nella Galleria Nazionale di Arte Moderna e già esposta nella personale del 1961 è quasi un’icona del linguaggio plastico di Moore, caratterizzato da una resa tridimensionale dei volumi attraverso la continuità di ritmo tra pieni e vuoti.

Portrait of English sculptor Henry Moore (1898 - 1986) as he poses with one of his works, England, 1949. (Photo by Gjon Mili/The LIFE Images Collection/Getty Images)

Partendo da quest’opera la rassegna presenta, in cinque aree tematiche, le principali tappe del percorso artistico dello scultore, che ha dominato la scena nel secondo Novecento con la sua capacità di sintesi e inventiva nel coniugare l’astrattismo e la ricerca sulla figura umana. All’interno degli spazi scenografici delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano vediamo entrare in un dialogo armonioso la tradizione classica, rappresentata nel percorso espositivo del Museo Nazionale Romano, con alcune delle più importanti sculture di Moore e una cospicua parte della sua opera grafica.

Si parte con L’esplorazione del moderno che mostra il precoce allontanamento di Moore dalle pratiche accademiche verso un linguaggio modernista, permeato da un interesse per le culture arcaiche ed extraeuropee e dall’apporto innovativo di scultori come Epstein, Brancusi, Modigliani, Archipenko e Picasso.

Due idee complementari sono alla base del suo nuovo linguaggio: la scultura diretta e la fedeltà alla verità del materiale. A partire da questi due principi lo scultore cerca di liberare la forma latente della materia selezionando le pietre in base alle caratteristiche materiche e utilizzando la tecnica dell’intaglio diretto. In tal modo Moore sviluppa un tipo di scultura molto simile a quella dei popoli antichi non occidentali, realizzando figure ieratiche ed enfatiche dalle forme semplificate.

Negli anni Trenta l’interesse per l’arte primitiva si accompagna allo studio di Picasso e del surrealismo, in particolare per quanto riguarda la frammentazione del corpo umano. In Composizione in quattro pezzi: figura distesa del 1934 lo smembramento delle forme umane permette a Moore di coniugare la necessità di sintesi plastica delle parti del corpo e la volontà di integrazione della scultura con lo spazio circostante.

Segue la parte dedicata al periodo della Seconda Guerra Mondiale, focalizzata sulla rappresentazione che l’artista dà della sofferenza del periodo bellico. Tra il 1940 e il 1941 realizza la toccante serie dei Disegni dei ricoveri antiaerei ispirati dalla visione di centinaia di persone che durante gli attacchi trovavano rifugio nelle gallerie della metropolitana di Londra. Il carattere distintivo e la forza evidente di questi lavori è quel giusto equilibrio di formalismo e patetismo che gli consente di rappresentare la silenziosa sofferenza delle lunghe file di uomini distesi, ritratti in Prospettiva di un ricovero antiaereo, accanto alla dignità quasi eroica della protagonista di Donna seduta nella metropolitana del 1941. Uno dei suoi disegni più famosi, Figure dormienti in rosa e verde (1941) offre una variante intorno alla ricercata dialettica tra interno ed esterno: il lenzuolo, che fa da involucro protettivo al corpi abbandonati nel sonno, appare lo svolgimento di un’idea già prefigurata nelle tre dimensioni.

L’esposizione affronta poi due soggetti centrali nella poetica di Moore: il rapporto tra madre e figlio e la figura distesa. Entrambe le tematiche rappresentano dei nodi cruciali del suo percorso artistico, grazie ai quali ha avuto la possibilità di riflettere sul rinnovamento delle forme plastiche attraverso e oltre l’astrazione.

Il tema della madre che stringe suo figlio è frequentemente trattato da Moore, tanto da indurre alcuni critici a leggerlo in rapporto alle vicende biografiche e alla relazione con la madre. Nella visione di Moore prevale certamente l’immagine commovente di nutrimento e protezione, accanto tuttavia a raffigurazioni vicine ai temi delle cattive madri o dei figli matricidi. Questa tensione oppositiva è chiara nella Madre e figlio del 1953, in cui la madre stringe con forza il collo da serpente del figlio per proteggersi dalla bocca spalancata che le minaccia il seno. In alcuni casi Moore sfrutta la possibilità datagli dalla scultura di rappresentare la relazione tra le due figure in un unico pezzo di pietra o di legno, come nel Modello per Madonna e Bambino in cui la madre contiene il figlio che appare rigido e ieratico.

La figura umana distesa è divenuta col tempo quasi il sinonimo dell’arte di Moore. Contrariamente alla tradizione classica, predilige la rappresentazione della figura femminile, incarnando così l’archetipo della madre Terra con suggestioni telluriche ed erotiche. Varie sono le fonti di ispirazione: certamente le sculture etrusche visitate nel 1925 e le tombe medicee, la statua del dio tolteco-maya Chacmool e infine i modelli di bagnanti di Cezanne, Matisse e Picasso.

Moore ruota il corpo della figura umana e lo dispiega più apertamente alla ricerca di una maggiore compenetrazione tra i pieni e i vuoti dello spazio circostante. La famosa Figura distesa (1934) della Galleria Nazionale di Arte Moderna mostra l’avvio di questi processi di svuotamento della figura femminile e di evidenziazione degli elementi strutturali del corpo, attraverso torsioni e relazioni tra interno ed esterno. Lo studio continua poi verso una maggiore progressione al frammento, soprattutto nelle opere degli anni cinquanta e sessanta. Nel grande bronzo Oggetto in tre parti del 1960 e nel Modello per tre figure del 1983, si saldano l’idea della proliferazione organica delle forme e l’accumulo di elementi scultorei che, soprattutto in verticale, sembrano aspirare a una funzione totemica. Negli anni sessanta, i bronzi, suddivisi irregolarmente in due o tre parti, interagiscono con l’ambiente circostante favorendo l’analogia tra figura femminile e paesaggio.

L’attività grafica accompagna in maniera costante la sua ricerca formale consentendogli di sviluppare questa idea in infinite immagini che nascono e crescono su se stesse. Nella serie di disegni degli anni 1970 – 1973 i soggetti hanno perso qualsiasi riconoscibilità femminile e divengono forme astratte, metamorfiche, più simili a conformazioni naturali petrose, che rappresentano quella sintesi cara a Moore tra figura distesa e paesaggio.

L’esposizione si conclude con una sezione dedicata alle opere pubbliche che Moore viene chiamato sempre più di frequente a realizzare. La più famosa di queste è la realizzazione della scultura su scala monumentale della Figura distesa (1957 – 1958) da collocare davanti la facciata del Palazzo dell’Unesco a Parigi. Questa commissione gli consente di aprirsi ad un confronto con l’architettura che rafforza il dialogo con lo spazio aperto e il paesaggio.

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