E SE IL COLOSSEO FOSSE UN ECOMOSTRO…?, di Anna de Fazio Siciliano

Antonio Riverso
Antonio Riverso

È l’accademia internazionale di architettura di Sofia a premiare l’architetto Antonio Riverso del titolo di Professore dell’accademia. I meriti?  Molti. Soprattutto per i risultati teorici raggiunti nello sviluppo dell’architettura contemporanea. Riverso, classe ’48, era stato proposto per il premio lo scorso anno, nella seduta dell’aprile 2014.

Nonostante il riconoscimento però l’idea di distruggere l’anfiteatro Flavio è un po’ forte e in realtà abbassando i toni, il suo blow-up era il tema di una conferenza di qualche anno fa, tenuta a Beirut. Si partiva dal presupposto che molti edifici e monumenti dell’antichità sono veri e propri ecomostri, né più né meno dei moderni Mose o degli inutili padiglioni Expo distrutti a fine ottobre 2015.

Vice presidente onorario dell’Unione mondiale degli architetti (UIA), relatore a convegni e meeting internazionali (Tokio, Sidney, Washington, Meknes, Kiev, ecc.) ha all’attivo diversi progetti nel suo territorio d’origine (Calabria) ma non solo, anche a New York.  In uno degli interventi più alternativi: “Demoliamo gli ecomostri” inseriva in elenco la Reggia di Versailles e il Taj Mahal, le Piramidi, la Domus Aurea e pure il Colosseo, costruiti tutti per un eccesso di autoglorificazione o sfruttando gli schiavi. “Per l’erezione di una sola piramide sono morti 2400 operai- ci racconta- e se questi monumenti sono ancora in piedi è grazie al sacrificio di centinaia di persone. Senza dubbio la mia è una provocazione ma quelle costruzioni stanno anche lì come monito”.

In realtà l’architetto già in tempi non sospetti era a favore di uno sviluppo urbano sostenibile e quest’anno é intervenuto come speaker a Milano all’apertura dei lavori del padiglione cinese dell’Expo. E accanto a Fuksas e Cucinella espone la sua personale filosofia dell’architettura. “Il paesaggio non esiste (in natura)” e ogni “altrove perché sia sostenibile davvero, deve essere naturalmente bello come una rosa coltivata in giardino”.

Riverso dedica quindi la massima attenzione ad un’economia di sviluppo ambientale più umana, a impatto zero anzi addirittura esalta le grandi capacità asiatiche nel riutilizzo di materiali o piattaforme come le fogne di Singapore che sono diventate uno spazio per attività commerciali e spazi pubblici e di passeggio.

Ad Akrotiri assiste al piano di recupero e messa in sicurezza delle antiche rovine che purtroppo, a sua detta, non reggono il confronto con quelle di Piazza Armerina. Idem per la cisterna di Istanbul. E sempre in Turchia, la sua attività non si limita a presiedere uno scranno ma appoggia le proteste del 2013 davanti al Taksim Gezi Parki che doveva essere demolito e sostituito da un centro commerciale.

“Se oggi- sostiene- più che mai abbiamo davanti un futuro caratterizzato da un’implacabile espansione urbana e dal proliferare di attività antropiche invasive, il paesaggio è diventato come a Dadaab o per gli Slums, un contenitore “drammatico” e la sfida per architetti e ingegneri deve essere quella di ricostruire queste fratture, trasformandolo piuttosto in un paesaggio straordinario”.

Straordinario come risultato di un accordo pacifico di luoghi naturali e insediamenti umani capace di produrre una effettiva armonia finalizzata a sua volta a relazionarsi con i bisogni dell’intera collettività che vi abita, in pianta stabile o solo di passaggio.

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