TITO

di Roberto Gramiccia

La scomparsa di Tito Amodei, artista e sacerdote, è la fonte di un doppio dolore.

Il primo per aver perso una persona alla quale non si poteva non voler bene. Per quanto mi riguarda posso dire che la potenza della sua dolcezza ha più volte fatto vacillare le mie presunte certezze di agnostico. E non certo perché fosse uso fare prediche ai suoi amici. Per me la questione è che, pur avendo incontrato molti sacerdoti, da nessuno ho tratto l’impressione di quella profondissima pace interiore che si indovinava in Tito e che lo collocava in un altro pianeta rispetto agli uomini ordinari.

Il secondo per aver perso un artista di prima grandezza. Un’intelligenza raffinatissima, libera e anticonformista che nutriva di sé una creatività mai paga. Il senso di una misura luminosa dava equilibrio e rendeva inconfondibili i suoi lavori. E le sue opere riflettevano sempre la forza che scaturiva dal suo essere potentemente fragile. La delicatezza di una piuma capace di dominare i materiali più impervi. Tito era un uomo di una grandiosa semplicità. Se esiste il paradiso sicuramente vi avrà preso posto, se non esiste rimarrà vivo nei ricordi nostri e di chi ci seguirà.

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