“60 anni all’Attico”, di Lorenzo Madaro

Fonte: La Repubblica, 19 novembre 2017

È una storia di artisti, di mostre che sono passate alla storia e di un serrato terreno di confronto tra un padre e un figlio, galleristi entrambi. Il 25 novembre la galleria L’Attico di Roma compie sessant’anni. È nata, su iniziativa di Bruno Sargentini, in un appartamento in piazza di Spagna che negli anni ospiterà le mostre di Magritte, Mafai, Leoncillo, Fautrier, Capogrossi e altri. Siamo nell’orbita della storia dell’arte, grazie a una galleria che ha segnato interi decenni di sperimentazioni e cambiamenti della concezione stessa dello spazio espositivo. Merito, soprattutto, del figlio di Bruno, Fabio, che in quel 1957 aveva diciott’anni. «Nel 1966 c’è stata una rottura tra noi, io intendevo occuparmi del presente, era saltato il rapporto contemplativo con l’opera d’arte, e scelsi di continuare l’esperienza della galleria in totale autonomia. Decisi quindi di partire con le sculture di Pino Pascali, un artista mio coetaneo», racconta oggi Fabio Sargentini.

Da quel momento in poi, la svolta. Oltre a Pascali, transiteranno da quegli spazi, tra gli altri, Kounellis, Pistoletto e Bignardi, ma anche la danza sperimentale di Simone Forti e la musica elettronica. La galleria diviene quindi un luogo attivo, di sperimentazioni e produzioni inedite, promuovendo anche viaggi collettivi, dal Tevere all’India.

Quelle stanze a un certo punto non bastano più e nel 1968 Fabio trasferisce L’Attico in un garage di via Beccaria, dove saranno memorabili i progetti di Kounellis, con i dodici cavalli vivi, la prima mostra italiana di Sol LeWitt con i wall drawings, gli interventi site-specific di Eliseo Mattiacci e il festival Danza Volo Musica Dinamite con La Monte Young, Trisha Brown e altri performer. Nel 1969 in galleria approda anche Gino De Dominicis con i suoi oggetti invisibili e L’Attico si consacra, ancora una volta, come una palestra di coraggio e visioni. Al fianco del giovane Sargentini alcuni critici, in particolare Vittorio Rubiu Brandi, che oggi rammenta: «Fabio è stato fautore di una svolta di enorme novità, questo va ribadito una volta per tutte, poiché L’Attico è stata l’unica galleria d’avanguardia di quegli anni a quei livelli. Basti pensare a mostre come “Fuoco immagine acqua terra del 1966”, che gioca nettamente d’anticipo rispetto all’Arte Povera di Celant».

Tante le mostre e le performance e un lunghissimo elenco di incontri e dialoghi serrati. «A gennaio – anticipa Sargentini – la Galleria nazionale di Roma ospiterà una mostra dedicata all’attività dagli anni Settanta ad oggi, in cui allestirò un fregio nel salone centrale, con grandi opere». La mostra, voluta dalla direttrice Cristiana Collu, sarà curata dallo stesso Sargentini, che contestualmente allestirà nella sua galleria un’installazione con gigantografie degli interventi memorabili de L’Attico. E gli artisti, cosa pensano di questa storia? «I miei genitori abitavano di fronte a L’Attico di via del Paradiso (dove nel frattempo Sargentini si trasferisce, ndr), guardavo la galleria dalla finestra, sognando un giorno di esporre le mie opere lì dentro», rammenta oggi Nunzio, tra i protagonisti della mostra di gennaio. Il sogno diviene realtà e nel 1984 l’artista allestisce la sua prima personale, accompagnata da un testo di Giuliano Briganti.

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