UNIONI CIVILI all’Attico di Fabio Sargentini

7ROMA

L’ATTICO

Dal 10 giugno al 30 settembre

A questo punto della mia carriera mi destreggio. E nel destreggiarmi mi diverto. E’ un caso che Palazzeschi abitasse a un passo da qui?

Oggi si professano tutti galleristi e nessuno lo è. Tanto tempo fa, era il 1983, scrissi un testo per il catalogo di una mostra ad Acireale curata da Bonito Oliva dal titolo: “Chi è gallerista e chi è mercante”. Adesso che sono tutti mercanti, e i galleristi estinti, è invalsa l’abitudine di chiamarli indistintamente, immeritatamente, galleristi. E di certo è un termine più nobile, coniato per alcuni della mia generazione che hanno guardato al proprio mestiere oltre l’ovvietà del mercato, per ritagliarsi un ruolo che avesse un’identità artistica e intellettuale precisa. E allora ad un gallerista storico come me, anomalo come me, che assiste al tramonto della propria idea di galleria, spavalda e in un certo senso romantica, che resta se non divertirsi?
O410bMi destreggio, dicevo, con le opere che possiedo e le mescolo, le raggruppo come carte da gioco in un solitario componendo coppie e tris. E mi diverto anche a sorprendere gli autori ignari degli abbinamenti. Poteva mai pensare Paola Gandolfi di imbattersi un giorno in Giovanni Stradone, pittore della Scuola romana amato da mio padre, sulla strada del Colosseo? Matteo Montani, invece, se lo poteva aspettare di vedersela con Vasco Bendini. Un accostamento che viene naturale il loro, fondato sull’affinità spirituale. Giancarlo Limoni da sempre professa un amore incondizionato per Constant Permeke e le sue marine. E io che faccio? Gli procuro un incontro ravvicinato proprio con una marina del maestro. Una sfida da far tremare le vene e i polsi. In Luigi Ontani e Stefano Di Stasio si rinvengono icone simili e dissimili. Il San Sebastiano del primo sporge il petto implume, immune da frecce, mentre quello del secondo ne è trafitto, come di rito, con accanto un suo doppio che suona il pianoforte… E Marco Tirelli? Lui sì che sarà sorpreso dall’abbinamento con Luca Padroni, a sua volta non meno sorpreso. Le opere di entrambi alludono al cosmo, a uno spazio siderale, a pianeti lontani. E stanno bene collocate tra palcoscenico e platea come in un microcosmo.
L’ultimo divertimento, ma forse è il primo, sta come sempre nella scelta del titolo: Unioni civili. D’altronde il sottoscritto, da gallerista sul filo del rasoio dell’artista, scrittore e regista, non conduce da tempo una sua battaglia di civiltà?

Fabio Sargentini

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