Roma rende omaggio a VALERIANO CIAI

201606130106900ROMA

MUSEO DI ROMA IN TRASTEVERE

Dal 17 settembre al 14 gennaio

La mostra antologica del pittore romano Valeriano Ciai, da un progetto di Claudio Zambianchi e Alice Mirti, e promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, ripercorre l’itinerario di un maestro della figurazione romana del secondo ‘900 attraverso una scelta di opere pittoriche dal 1959 al 2013.

Quella di Valeriano Ciai, nato nel 1928 e scomparso nel 2013, è stata una presenza originale e importante nel contesto dell’arte romana degli ultimi sessant’anni. Con la mostra al Museo di Roma in Trastevere, a tre anni dalla morte, attraverso la scelta di una trentina abbondante di dipinti, si vuole documentare l’intero percorso dell’artista, proponendolo all’attenzione della città e del quartiere in cui era nato e dove ha vissuto per un lungo tratto della sua vita.

Ciai è stato un uomo dolce e schivo, ha lavorato appartato e senza clamori, partecipando a una vicenda significativa, ma meno nota ed esplorata di altre, nel contesto della figurazione italiana e specificamente romana, svoltasi fra gli anni Cinquanta e i Settanta. Dopo una prima fase di realismo sociale, Ciai approda a una forma di realismo “esistenziale” che giunge infine, dopo un momento di pittura rarefatta e quasi astratta, a un’evocazione delicata e lirica della realtà, presentata quest’ultima in una dimensione non di osservazione, ma d’immaginazione e memoria. È un’opzione che ha contraddistinto una quarantina d’anni della pittura di Ciai, che l’artista elabora a partire da pochi temi, ben individuabili, legati, a eccezione di qualche rara natura morta, alle figure umane e ai paesaggi urbani.

La mostra pone l’accento sui momenti di cambiamento nella sua pittura, e sulle fasi in cui, specialmente tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Settanta, l’arte di Ciai è parte di un più vasto contesto, quello della generazione di giovani artisti, allora tra i venti e i trent’anni, alle prese con una scelta difficile, ricca di implicazioni culturali e politiche: militanti nella sinistra politica e ciononostante insoddisfatti del realismo sociale propugnato dal Partito Comunista Italiano; mai tentati da un’esperienza informale che, d’altronde, si stava esaurendo proprio mentre essi si affacciavano sulla scena dell’arte. Essi d’altronde non erano attratti né dall’arte di reportage praticata all’alba dei Sessanta dagli artisti di Piazza del Popolo, né da contemporanee forme di arte gestaltica o programmata, e neanche dai modi dell’astrattismo lirico, diffusi a Roma negli anni Cinquanta e che, a partire dalla metà circa del decennio, avevano iniziato a sentire l’influsso dell’Espressionismo Astratto americano.
Per i molti giovani artisti vicini anagraficamente e politicamente a Ciai, la risposta alla crisi della fine degli anni Cinquanta consistette nel mantenere la scelta figurativa, provando tuttavia ad arricchirla, a renderla più complessa e sensibile agli umori esistenziali manifestatisi negli anni dell’informale, senza tuttavia rinunciare al confronto diretto, spesso allo scontro con la realtà; il rapporto con essa è considerato, anzitutto moralmente, come il punto d’origine della vita intellettuale e creativa di artisti che sentivano a fondo la valenza politica delle scelte culturali e la necessità dell’impegno.
Le risposte offerte dall’arte di Ciai alla situazione appena delineata gli ritagliano un ruolo significativo nella pittura di quegli anni.

http://www.museodiromaintrastevere.it/

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