Próximo Destino: una personale di Gonzalo Orquín

di Giulia Del Papa

ROMA

INSTITUTO CERVANTES  

Dal 27 giugno al 14 luglio 2018

 

Prossima destinazione: Roma.

Agli occhi del pittore sivigliano la proposta dell’Instituto Cervantes deve essere parsa una sfida importante, se non una premonizione. Una mostra che rievocasse gli artisti spagnoli che nel corso dei secoli hanno scelto la città eterna come luogo di studio, lavoro e ispirazione.

Gonzalo Orquín, classe 1982, spagnolo di nascita ma romano di adozione, ha colto la sfida e in una ventina di quadri circa ha messo tutta la sua ricerca, nel tentativo di rievocare chi l’ha preceduto nella città eterna.

Orquín ha fatto forse la scelta più ardua: parlare degli artisti scelti inserendoli all’interno del suo mondo e del suo linguaggio. Un giglio bianco nelle mani di un giovane danese, una contemporanea citazione di Villa Medici sullo sfondo di un giovane nudo, immagini di stragi di discriminazione sessuale e culturale, rievocano pittori come El Greco, Velázquez e Goya.

Eleganti e colte allusioni all’interno dell’immaginario orquíniano. Perchè questa mostra è tutta Gonzalo Orquín.

Chi conosce questo giovane pittore sa del suo impegno contro le discriminazioni omosessuali, della sua passione per i corpi solidi e torniti, dei suoi sguardi intensi e malinconici e delle sue eleganti composizioni. Lui stesso si definisce pittore realista, che ritrae solo ciò che vede con uno sguardo vero e nitido. Gianni Papi, nel testo in catalogo parla della sua capacità di sintesi, che anche nel confrontarsi con pittori di epoca barocca non cede mai al decorativismo o all’eccesso.

Sarà forse la tenacia di chi, pur nella timidezza e riservatezza, ha scelto di fare pittura a olio quando tutto il mondo dell’arte pare andare in un altro senso, ma Gonzalo Orquín non teme di voler affermare ciò che per lui è verità nell’arte.

Accanto ai grandi nomi della pittura trovano spazio anche artisti meno noti ai più, come Eduardo Rosales, Gregorio Prieto, Mariano Salvador Maella. Peculiare è la presenza femminile, una sola donna ritratta, non per scelta del pittore ma per le vicende storiche che poco spazio hanno lasciato alle donne in arte. Si tratta di una musicista, María de Pablos Cerezo, prima donna ad aver vinto una borsa di studio presso l’Accademia di Spagna, a cui un destino avverso non ha consentito di lasciar traccia delle sue composizioni, mentre moriva sola in una casa di cura pscichiatrica. L’altra è Maruja Mayo, pittrice spagnola anticonformista, molto vicina a Dalí che, seppur non abbia mai trascorso un periodo a Roma, Orquín decide di ricordare nel quadro dedicato al pittore surrealista.

Veder nascere e crescere questa mostra ha significato vedere lo studio, l’attenzione, la ricerca del particolare giusto che consentisse di rievocare ciascun artista nella maniera più sensata. Lo studio è forse la cifra distintiva di Gonzalo Orquín, un pittore che sin dall’adolescenza ha scelto Velázquez come suo nume tutelare, che ha amato Giotto e ammira in maniera smisurata Picasso.

Per Gonzalo Orquín amare vuol dire conoscere, far proprio un linguaggio e una tecnica che oggi sembrano perduti. Si tratta di un artista che conosce a fondo i propri strumenti di lavoro, che cura le superfici e i colori ancor prima di stenderli e iniziare a dipingere. Un animo e una conoscenza radicati nel passato per un artista colto che, forte delle proprie conoscenze, mette insieme senza tema alcuna il Laocoonte e una scatola di Adidas.

Ed è l’eleganza a farla da padrona, quei tocchi brillanti che ravvivano tovaglie di lino candido e brocche di cristallo, gli sguardi malinconici e le pelli madreperlate avvolte da una luce che sospende tutto, in uno spazio e in un tempo in cui regna sovrana la poesia.

 

http://roma.cervantes.es/it/default.shtm

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