L’Eden di ANNAMARIA GELMI

campari1_795x300SESTO SAN GIOVANNI (MILANO)

GALLERIA CAMPARI

Fino al 29 ottobre 2016

 

Il 14 luglio si è inaugurato un nuovo episodio di Campari Wall, che vedrà protagonista l’artista concettuale Annamaria Gelmi (Trento, 1948), con un’installazione di sculture e immagini video.   A cura di Marina Mojana – direttrice artistica di Galleria Campari – il progetto è organizzato in collaborazione con Castello di Rivara – Museo d’Arte Contemporanea e presenta una serie di forme geometriche di acciaio tagliate al laser e sottoposte a verniciatura industriale, tanto leggere quanto monumentali, dai richiami naturalistici: sono foglie lanceolate, tulipani capovolti, arbusti stilizzati, accostate l’un l’altra a creare un giardino virtuale che, a prima vista, sembra un luogo giocoso, leggero e pop.   Definito nella tradizione giudaico – cristiana come il luogo dell’amore, il locus amoenus, il paradiso terrestre o Eden, il giardino è per la Gelmi lo spazio della visione e della prova, del confronto e della conoscenza. Solo all’apparenza le forme di Eden – come quelli di fiori, di montagne, di croci di altre installazioni ambientali della Gelmi –  sono sintetiche e minimali. Attraverso un processo di scarnificazione del superfluo e di rinuncia di ogni spessore tridimensionale, l’artista invita l’osservatore alla riflessione su cosa sia essenzialmente la forma, creando uno spazio che, pur non includendo la rappresentazione umana, pone l’uomo di fronte a se stesso e al confine tra chi sta al di qua e chi è già oltre.   “(Le opere di A.G.) sono forme precise, nette e quasi assolute – scrive Marina Mojana – che assumono un aspetto fortemente simbolico e interlocutorio. Sono porte aperte sul vuoto. Che cosa ci sarà dietro le apparenze? Sono luoghi di passaggio che ci invitano a crescere, uscendo dai noi stessi; sono labirinti che ci obbligano a tornare in noi, chiedendoci: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? In una sperimentazione continua – che dura da quasi cinquant’anni – i suoi segni astratti diventano sul Campari Wall tracce di memoria… …(e rivelano) …che soltanto il divenire altro-da-sé riesce, talvolta, a conferire senso al nostro io e a chiamare per nome il Mistero buono che fa tutte le cose.” Con questo nuovo progetto Galleria Campari, che lo scorso maggio si è aggiudicata un prestigioso riconoscimento da parte del Premio Gavi 2016 – La Buona Italia, per il miglior progetto dedicato al settore agroalimentare italiano in relazione alle arti e alla cultura, riafferma il proprio legame con il mondo dell’arte e della creatività, confermando ancora una volta quello spirito all’avanguardia che da oltre 150 anni fa di Campari uno dei simboli di Milano e, all’estero, del bon vivre italiano. Nata a Trento nel 1948, studia all’istituto d’Arte di Trento e si diploma all’Accademia di Brera a Milano e all’Accademia di Venezia. La sua prima personale è nel 1970 alla Galleria Mirana di Trento. Da allora lavora con materiali plastici, plexiglas e metacrilato, realizzando opere di scultura e installazioni che giocano sulla trasparenza, oppure realizza chine su grandi fogli di acetato. Il suo linguaggio si fonda su figure geometriche elementari che, appese o tridimensionali, proiettano ombre e generano spazi inediti. Nel 1978 soggiorna a Murano, dove lavora il vetro con i maestri vetrai. Negli anni 80 si allontana dal lavoro minimalista in bianco e nero per usare il colore; nel 1984 realizza una personale al MART – Palazzo delle Albere di Trento, interpretando lo spazio come condizione mentale, ambigua e assoluta. Negli anni 90 inizia un percorso sul tema delle montagne, intese come architetture, o come immense sculture a cielo aperto e crea sculture in ferro, pietra e ottone. Le sue strutture diventano un segno leggero o un richiamo simbolico; nel 1995 presenta il libro d’artista SKY LINE alla XLVI Biennale di Venezia. Scultrice dal curriculum internazionale, dal 2000 è artefice di installazioni ambientali minimaliste e site specific.

http://www.campari.com/

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