SCULTURE IN CAMPO celebra la natura, l’uomo e lo spirito, a metà strada fra Oriente e Occidente

di Valentina Gramiccia

Pino Genovese, Antropiche

Il Parco di Scultura contemporanea, diffuso in cinque sedi fra la campagna di Bassano in Teverina e il suo Borgo antico, lo scorso 17 settembre è giunto alla sua VI edizione, in una veste prestigiosamente internazionale. Negli spazi naturalistici del Querceto, infatti, accanto alle nuove acquisizioni di Pino Genovese e Cloti Ricciardi troviamo anche un’opera dell’artista giapponese Maki Nakamura. Tre lavori di particolare intensità plastica, pur nella diversità dei linguaggi e degli aspetti realizzativi, pensati appositamente per gli spazi di Sculture in Campo. Tre opere che arricchiscono il persorso espositivo del Parco, accanto ai lavori già installati nel corso degli anni passati, nel puro spirito work in progress che ha caratterizzato Sculture in campo fin dagli esordi.

Il giorno del vernissage, accanto alla Presidente Lucilla Catania sono intervenuti, insieme al Sindaco di Bassano in Teverina, i componenti del Comitato scientifico, corresponsabili della selezione delle opere e autori della presentazione delle nuove opere. Un’occasione di incontro e di confronto fra il pubblico di visitatori (sempre più numerosi), gli artisti e alcune figure di spicco del mondo accademico e giornalistico.

Motore della campagna di divulgazione di Sculture in Campo è senz’altro il sito scultureincampo.it che, in occasione dell’inaugurazione, è stato lanciato con la messa online. Oltre a un dettagliato contenitore di informazioni, il sito è una piattaforma multicanale che comprende una sezione dedicata al network che, partendo da Bassano in Teverina, intende mettere in connessione tutti i parchi di scultura presenti al mondo. Un progetto ambizioso il cui obiettivo è quello di orientare le rotte di un turismo globale dei parchi di scultura attraverso percorsi tematici o geografici.

Maki Nakamura, Zer0

Ma torniamo alle opere, vere protagoniste di questa edizione di Sculture in Campo.

Sul crinale della collina del Querceto fanno mostra di sé i due elementi dell’opera di Pino Genovese, Antropiche. Un ensamble di tronchi lignei, provenienti dalle spiagge del litorale laziale, a formare dei rifugi-giacigli destinati ad immaginari abitanti, uomini e donne alla ricerca di un riparo dall’inesorabilità della natura che è madre e matrigna. Un ricovero sicuro che, attraverso i suoi pertugi, si trasforma in un osservatorio destinato ai più curiosi “viaggiatori del paesaggio”. Il legame dello scultore romano con la natura lo ha portato nel corso della sua carriera a realizzare, nello studio di Lavinio, opere con materiale recuperato sulle spiagge, come tronchi levigati e alghe, o reperito nel sottobosco delle pinete, dai rami alle cortecce. Inoltre, i suoi numerosi viaggi nel continente africano (Mauritania, Mali, Niger, Marocco, Tunisia) hanno rafforzato progressivamente il suo interesse per la natura arcaica e antropologica di cui sono intrisi i suoi ultimi lavori.

Zer0 è il titolo dell’opera della scultrice Maki Nakamura, giapponese d’origine ma formatasi in Italia, presso la cattedra di Pericle Fazzini, all’Accademia di Belle Arti di Roma dove si diploma nel 1964. Nel 1968, poi, si trasferisce a Parigi per frequentare l’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, alternando diversi soggiorni a Carrara, presso lo Studio Nicoli dove approfondisce la lavorazione del marmo. L’opera collocata nel Parco rappresenta il tentativo di un’operazione apparentemente impossibile, ovvero quella di dare forma al vuoto, come poeticamente sottolinea nel 1997 Luciano Caramel, curatore della sua personale ad Osaka, presso il Sakura Art Museum: «Le stele di Maki Nakamura hanno o implicano una visione metamorfotica della realtà, come luogo dei mutamenti, in cui il visibile è manifestazione di un profondo non rivelabile se non per simboli, allegorie, maschere che l’artista talora media alla litografia arcaica mediterranea». Per via di togliere, a partire da un blocco in Travertino, Nakamura apre un varco verso l’assenza “orientale”, verso uno Zero che, diversamente dall’horror vacui occidentale, volge ad un infinito di possibilità e significato.

Cloti Ricciardi, Anomie spaziali 5

Presso il Querceto troviamo anche l’opera Anomie spaziali 5, in corten e vetro, un lavoro realizzato a partire da un bozzetto del 1987-’89 di Cloti Ricciardi, tra le più importanti scultrici italiane del secondo Novecento e protagonista in prima linea delle lotte femministe degli anni ’70. L’artista romana, come un’equilibrista sul filo teso, abita la dimensione iconica così come quella aniconica senza alcun cedimento formale. Come dimostra in Anomie spaziali 5: dall’elemento centrale cubiforme dell’opera si diramano dei vasi cavi trasparenti attraverso i quali scorre la linfa vitale dello spazio, innescando un rapporto simbiotico con la terra che accoglie l’opera nella sua interezza. Il sistema delle sue Anomie decostruisce il rapporto rigido fra soggetto e oggetto, fra spazio e tempo e fra opera e fruitore. Riformulare il linguaggio dell’arte a partire da un punto di vista autenticamente politico (inteso come afferente alla polis), collettivo, alimentato dalle lotte per l’emancipazione dalla cultura patriarcale è ancora un gesto rivoluzionario, come lo è il lavoro di questa grande artista.

La ricerca artistica di Cloti Ricciardi nel corso degli anni non ha subìto arresti, alimentata dal suo furore creativo, fino a qualche anno fa quando è stata costretta al riposo. Lo dimostra la piccola ma significativa esposizione, presso le sedi Ipogeo e Progetti nel Borgo Antico, per la cura di Cesare Biasini Selvaggi la cui visita è stata prorogata al 30 ottobre scorso.


 

INFORMAZIONI


Sculture in Campo. Parco Internazionale di Scultura Contemporanea

Infoline +39 338 4197029 – 06 6786766 – scultureincampo.it

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