BARBARA ROSE. Critica contro

di Valentina Gramiccia

Sono passati solo due anni dall’ultima, magnifica mostra curata da Barbara Rose traghettata, dopo Bruxelles e Malaga, alla Reggia di Caserta, dal titolo La pittura dopo il Postmodernismo.  La critica, docente, scrittrice, curatrice statunitense ci ha lasciati la notte di Natale. Autrice del notissimo ABC Art, pubblicato nel ’65, considerato il Manifesto del Minimalismo, si forma negli ’60-’70 in America, a cavallo fra Avanguardie, Pop Art e Minimal.

La sua dichiarazione di intenti, allora e durante tutto l’arco della sua esistenza, è stata: «Sono sempre contro, è la mia personalità». Estranea all’adesione agli stilemi dettati dalle correnti e ai meccanismi procedurali della Pop art , il suo è stato un punto di vista altro, alto, contro, autonomo e ostinatamente libero. Soprattutto negli ultimi anni della sua carriera, quando severa fu la sua posizione antagonista rispetto all’arte effimera, di “moda”, kitsch e sensazionalistica. Vicina e strenuamente solidale all’arte “artigianale”, quella che non può essere riprodotta in serie, dotata di senso e possibilmente poetica (come quella dell’amato Ad Reinhardt). Ciononostante, la sua carriera si consolida entro le mura dello spietato sistema dell’arte americano: inizia a lavorare molto giovane con Leo Castelli, sposa Frank Stella, conosce Warhol, Rauschenberg e Jasper Johnes. La sua ricerca e il suo linguaggio si muovono fra l’astrattismo geometrico di Malevič e l’arte concettuale di Duchamp. Fra il principio di trascendenza e astrazione da un lato e la negazione del valore assoluto dell’arte dall’altro.

L’attività editoriale di Barbara Rose, fra gli anni ’60 e ’80, si alterna con gli impegni curatoriali, fra tutti la direzione (la prima al ”femminile”) del Museo dell’Università della California. Ci saranno poi il New York Magazine, Condé Nast e il Journal of Art. Fra le mostre più significative da lei curate citiamo Miró in America, Fernand Léger and the Modern Spirit: An Avant- Garde Alternative to Non-Objective all’Art Museum of Fine Arts di Houston e numerose retrospettive sulle Avanguardie del Novecento. Fra le pubblicazioni: A Critical History (1967); Autocritique: Essays on Art and Anti-Art, 1963-1987.

La formazione controegemonica di Barbara Rose non poteva non avvicinarla all’Italia. Grande il suo amore per il Bel Paese, che la portò a scegliere di vivere per molti anni in Umbria, a Todi. Negli anni della maturità consolida ulteriormente la dimensione militante della sua ricerca. Lo dimostrano le sue dichiarazioni pubbliche quando sostiene di essere: “(…) Contro ‘l’arte che non dura, quella fatta per la riproduzione”. E a favore degli artisti cosiddetti resistenti, dediti all’arte che rifiuta la riproduzione seriale del proprio lavoro.

Che il 2021 possa essere l’anno della rinascita, anzi del Rinascimento a partire dalla raccolta e dalla conservazione di eredità preziose come quella di Barbara Rose.

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