ARTURO SCHWARZ, il pensatore libero

di Valentina Gramiccia

«Il primo surrealista fu l’inventore della ruota», sosteneva Arturo Schwarz, che nacque – ironia della sorte – ad Alessandria d’Egitto nel 1924, lo stesso anno della pubblicazione del Manifesto del Surrealismo di André Breton, autore del quale in seguito diverrà lettore, studioso e amico. Ci mancherà molto il suo spirito anarchico, libertario, sfacciato, laico e internazionalista. Mancherà soprattutto al mondo dell’arte, prigioniero oggi fra le fauci di un profitto accumulatore, indifferenziato, spregiudicato e aculturale.

Libero pensatore di famiglia ebraica, poeta, storico dell’arte, saggista, gallerista, editore: Arturo Schwarz ci ha lasciati due giorni fa, a 97 anni, nella sua casa di Milano, città nella quale si trasferì dopo essere stato esiliato dal suo paese per aver contribuito a fondare la IV Internazionale trotskista e dove passò la maggior parte della sua vita. Il suo amore per il nostro paese fu in parte dovuto alle sue origini (la madre era italiana) ma soprattutto al fatto che l’Italia lo accolse, nonostante che sul suo passaporto fosse scritto: “…pericoloso sovversivo”. In particolare, l’incontro con Elio Vittorini rappresentò l’avvio del suo “viaggio di sapere”. L’arte (in particolare quella dei Surrealisti e di Duchamp) e la poesia le sue più grandi passioni che lo portarono, da editore, a pubblicare i capolavori di Ungaretti, Quasimodo e Merini. E da curatore, a firmare molteplici grandi mostre, fin dal 1954. Quello fu l’anno dell’inaugurazione della galleria milanese che portò il suo nome, dove esordì con una personale addirittura di Marcel Duchamp.

Manzoni, Baj, Arman, Fontana. Poi Picabia, Man Ray, Spoerri, Ernst solo alcuni dei nomi che impreziosirono la sua attività espositiva e curatoriale nel corso degli anni. La sua più grande generosità nei confronti del mondo dell’arte e della cultura la dimostrò nel 1997, quando donò parte della sua collezione personale alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ed altre 600 opere a Gerusalemme, per un valore di centinaia di milioni di dollari. Parliamo di opere di autori rappresentanti molteplici movimenti artistici: dal Dadaismo, al Surrealismo, al Nouveau Realisme, fino allo Spazialismo e al Nuclearismo italiani. Quell’anno scrisse: «Per amore dell’arte, un giorno ho deciso che era giusto che tante delle mie opere tornassero indietro, a beneficio della conoscenza e dell’occhio del popolo. È immorale, per me, che un privato custodisca cose di cui chiunque deve poter gioire. Spero ora che questi dipinti, questi esseri amati facciano felici altre persone, come è stato per me». Quello che ci rende meno felici è aver perso un così grande e libero pensatore. Buon viaggio caro Schwarz!

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