ROVESCIAMO IL MONDO! VERONICA MONTANINO FA TAPPA A CATANZARO, di Anna de Fazio Siciliano

MONTAN

Non solo la vivacità cromatica di Matisse, o gli ori preziosi di Klimt, ma anche forme alla Mirò, istallazioni in black o di mille colori, il mondo alla rovescia di Veronica Montanino si presenta nella sua interezza al Marca di Catanzaro e lo fa disorientando. Fino al 22 maggio con 60 opere esposte il museo viene letteralmente ripensato e invaso: uno spaesamento e una voluta perdita di punti di riferimento, caratteri tipici dell’artista. Il lavoro di Veronica si distacca completamente dalle mostre precedenti a queste coordinate geografiche. Nel sud Italia, dove indifferenza e incuria di solito regnano sovrane finalmente grazie a una incursione di gioia coloristica si mettono insieme forze ed energie anche autoctone. Non a caso infatti il nuovo giardino col verde invadente, è stato realizzato con gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti e risponde a una precisa volontà dell’istituzione che l’accoglie di reinterpretare i luoghi attraverso una nuova scuola poetica, non più quella della crisi e del disagio ma con un’effrazione alla regola attraverso la joie de vivre. Dentro il paese delle meraviglie della Montanino entrano tutti, bambini e non, colori e nero pece, residenti, esperti, oggetti animati, angoli smussati, colature di sapore pollockiane, tavolini sospesi come asili fantastici. Il portato culturale della mostra curata da Giorgio de Finis e Simona Gavioli, gioca con un senso di disorientamento volontario ma inverso che non disorienta ma raccoglie paradossalmente in un punto preciso. La sua infatti è una precisa operazione di decentramento magico che pur risalendo a un ancestrale carattere antropologico, stavolta viene ribaltata in un’accezione positiva. Più che mai contemporanea e necessaria soprattutto adesso e in un luogo come la Calabria, così fuori dai centri storicamente più all’avanguardia dell’arte in Italia, l’arte ironica della Montanino viene ad assumere un significato profondamente rilevante. Condensando intorno a questa operazione pionieristica tutte le energie dello spazio museale con i residenti e le scolaresche, le accademie e gli street artist, la mostra agisce da Grande Madre che unisce e alleggerisce il peso di una terra dove le invasioni non sono state quelle cromatiche dell’arte ma quelle sanguinolente delle organizzazioni criminali, dove terre e acque sono contaminate dalla violenza del potere economico. Posare qui la sua pietra per Veronica ha davvero un senso potente. Le architetture verdi del giardino s/composto hanno a che vedere con i sottinsù delle antiche volte, ma qui colore e natura vengono spalmate lungo pareti, pavimenti giocosi, oltre i confini dello spazio previsto. Si realizza così un vero e proprio spostamento del concetto di arte e pittura, architettura e decorazione lungo linee non previste, indefinite, con scorci prospettici inusuali. Il sottinsù, solitamente usato da disegnatori e da pittori per rappresentare una figura, un oggetto osservato dal basso, in prospettiva verticale e non orizzontale, per Veronica diventa una bacchetta magica con cui ogni luogo, spazio, angolo, è toccato dal gesto della felicità. Basterebbe un solo dettaglio per tuffarsi dentro il mondo di Veronica e rovesciare con un gesto ironico il nostro di mondo: tornate a guardare attentamente, su una parete c’è Mary Poppins col suo ombrello fatato. E proprio come con Veronica si cade dentro un mondo improvvisamente meraviglioso.

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