IN DUE, di Valentina Gramiccia

C’è chi sostiene che l’arte sia una cerimonia che si celebra in solitudine. Che sia l’espressione del rapporto (solitario) fra l’Io e la psiche, fra l’io e il suo rapporto col mondo.

Ma non c’è rapporto in arte, come nella vita, che si risolva in una dimensione puramente solipsistica, a meno che non si tratti di nevrosi. Anche la psiche, in senso stretto, è un “altro”. Lo espresse bene Lévinas, in Totalità e infinito, quando poeticamente parlava del “volto” dell’altro, verso cui si fa strada l’infinito.

L’uomo, quindi l’artista, diversamente dall’animale, dotato di più efficaci dispositivi automatici di difesa in natura, rappresenta una specie totalmente incapace di vivere se non in comunità. L’uomo non è se non con l’altro. Quindi, l’arte non può non “farsi” che all’interno di un’esperienza collettiva.

L’arte rappresenta, oltre che uno degli strumenti di scandaglio della realtà (un modo di leggere il mondo), una reazione al dolore e alla paura della morte ma anche della solitudine. La storia dell’arte è costellata di rapporti di coppia: quella del maestro con l’allievo, del pittore con la sua modella, dell’artista con il suo mecenate e con il suo compagno o compagna. Banalizzeremmo se considerassimo questi rapporti frutto dell’amore in senso stretto. Per lo più si tratta di rapporti tormentati, di gelosie, di invidie, di piccole grandi guerre, di dolore e anche di morte. Ma tant’è, l’arte sembra dimostrare il suo dispiegamento “a due”.

tinguely_phalleRodin “fece” della sua modella e amante Camille Claudel una scultrice a sua volta, di particolare talento. Lee Krasner dedicò tutta la vita a Jackson Pollock, cercando di proteggerlo dall’alcol e potendo esprimere il suo talento artistico solo dopo la morte di lui, avvenuta per un incidente stradale. La messicana Frida Kahlo amò, odiò e riamò il suo compagno Diego Rivera per un lunghissimo tempo, fra dolore, passione, tradimento, pittura e rivoluzione. Niki de Saint Phalle e Tanguely, fra le altre collaborazioni, costruirono insieme un parco, il Giardino dei Tarocchi a Capalbio. Ci saranno poi Marina Abramovic e Ulay: il loro rapporto personale ed artistico, puntellato di magnifiche performance, si concluse, come in un film, dopo un cammino durato mesi sulla Muraglia cinese. E poi Mario Mafai e Antonietta Raphaël, Accardi e San Filippo, Marisa Busanel e Giancarlo Limoni, Stefano Di Stasio e Paola Gandolfi, Marisa e Mario Merz. Di questa ultima coppia, protagonista della storia dell’arte italiana del secondo Novecento, saranno in mostra da domani i lavori più rappresentativi negli spazi del Macro di Roma. Vi consigliamo di visitarli, preferibilmente in due.

 

 

 

 

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