GIANCARLO LIMONI risponde alle cinque domande di Hidalgo

 10473662436_3b59d5b131_bL’interesse principale di Giancarlo Limoni è la pittura. La pittura insieme al colore e alla materia che dalle sue mani esce sontuosa e seduttiva. I suoi fiori a olio (tema a lui caro)  sono come bassorilievi sulla tela, figli della tradizione delle Scuole romane ma anche dello spirito innovativo del suo autore.

Il pittore romano risponde al questionario proustiano intrattendendosi, in particolare,  sull’ingerenza del monopolio delle banche e delle aste nel mercato dell’arte, ma anche sull’esigenza del recupero della figura del critico d’avanguardia.

Qual è il ruolo della comunicazione, anzi dell’ipercomunicazione tipica dei nostri tempi, nel condizionare le dinamiche del mondo dell’arte?

Penso che l’ipercomunicazione, oggi, generi confusione perché non c’è più la possibilità di operare una scelta selettiva. Non esiste più il filtro delle gallerie e quando esiste è minimo. L’ipercomunicazione può produrre grandi danni.

 In che misura e in che modo la crisi economica e di valori che attraversa l’intero Occidente riverbera e influisce sull’arte contemporanea?

Il fattore che oggi influisce maggiormente sull’arte contemporanea è la finanza che è entrata prepotentemente nel sistema. Il pubblico, spesso quello più inesperto, comincia a giudicare le opere d’arte dal loro valore economico e commerciale, non più dal loro valore artistico. Io trovo che sia questo il danno più grande, che ha coinciso con l’entrata in scena delle banche nel mondo dell’arte, contestualmente al dominio delle aste, luogo in cui i collezionisti monitorano i movimenti delle quotazioni. Ma l’opera d’arte non è un bot che sale e che scende!

 Esiste ancora una autonomia e un ruolo per il critico d’arte?

Io credo nella figura dello storico dell’arte piuttosto che al critico d’arte. O al limite al critico d’avanguardia, come furono Baudelaire, Apollinaire ed Emilio Villa. Mi riferisco al critico che vive insieme agli artisti, patisce o gioisce con loro, che è partecipe dello stesso mondo e riesce a cogliere il valore, anche nascosto, dell’arte. Questo di solito son i grado di farlo i poeti, appunto, oppure il critico militante. Ho fatto l’esempio di Emilio Villa non a caso.

 

Che ruolo gioca il sistema dell’arte nella selezione delle figure più influenti e di successo?

Oggi si mischia un po’ tutto e questo non è buono, anche se attraversiamo oggettivamente una fase di ipermanierismo. Io dico spesso che se Duchamp fosse nato in questa epoca avrebbe certamente dipinto, perché c’è un’eccessiva inflazione tra performance, concettuale e iperconcettuale. Non si riesce a capire niente, perché manca la riflessione sulla qualità.

 

Quali ti sembrano le figure di intellettuali (curatori, direttori di museo, filosofi) prestati all’arte di maggiore interesse ?

Di filosofi nel mondo dell’arte non ne vedo. Penso si tratti di un altro mestiere. L’arte c’entra poco con la filosofia, casomai c’entra con la letteratura. Fra gli scrittori prestati all’arte, in grado di fare buone cose, citerei  Marco Lodoli, Carlo Laurenti, Fabio Sargentini e Roberto Gramiccia. Fra i critici e curatori, Alberto Dambruoso, Lorenzo Canova, Guglielmo Gigliotti e Marco Tonelli.

 

Giancarlo Limoni è tra i protagonisti della Nuova Scuola Romana degli anni ’80, che vede negli stessi anni all’opera autori quali Domenico Bianchi, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Enrico Luzzi, Nunzio, Claudio Palmieri, Piero Pizzi Cannella, Sergio Ragalzi, Marco Tirelli, di cui alcuni avranno come riferimento la “Galleria l’Attico” di Fabio Sargentini.

Compie gli studi tecnici, per poi, a quindici anni, dopo aver visto un quadro di Matisse, decide di frequentare il liceo artistico. Vi rimane un anno per approdare poi all’Istituto d’Arte dove diviene allievo di Piero Sadun e conosce inoltre Leoncillo Leonardi, Achille Pace, Eliseo Mattiacci, Remo Remotti e Marisa Volpi che, in quell’anno di frequenza erano insegnanti nello stesso Istituto d’Arte di Roma. Inizia a frequentare subito l’ambiente artistico romano.

Conosce Ettore Sordini che lo invita a lavorare con lui per un anno a Milano, dove conosce Lucio Fontana, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi. Diventa assistente di quest’ultimo e nel 1967 collabora con lui nella realizzazione della sala a lui dedicata, nella mostra di Foligno “Lo spazio dell’immagine”.

Assolve il servizio militare dal Novembre 1967 al Gennaio 1969. Appena congedato conosce Marisa Busanel con cui si lega sentimentalmente. Comincia a frequentare Giulio Turcato e Emilio Villa. Nel 1975 si apre la sua prima mostra personale alla “Galleria della Trinità” di Roma. Lavora parallelamente, come direttore, per due anni, nella galleria romana “Seconda scala”. Segue un periodo di sperimentazione. Nel 1977 è tra i vincitori del premio Termoli. Seguono quindi mostre collettive e personali.

Nel 1983-’84 ha per un breve periodo uno studio nel Pastificio Cerere, dove Fabio Sargentini vede il suo lavoro, lo invita alla mostra “Extemporanea” e, da questa occasione comincia il lungo sodalizio con lui. Dal 1984 espone in numerose mostre personali e collettive alla Galleria “L’Attico” di Fabio Sargentini. Partecipa inoltre ad alcune tra le più importanti collettive di quegli anni: “Nuove trame dell’Arte” a Genazzano, “Anni ‘80” a Bologna, “La nuova scuola romana” a Graz, “Trent’anni dell’Attico” a Spoleto, “Capodopera” a Fiesole e “Post-Astrazione” a Milano, “Un musée en voyage : la Collection de la Neue Galerie de Graz 1960-90” a MAC Musée d’Art Contemporain de Lyon, “1960-‘90 Trenta anni di avanguardie romane” a Palazzo dei Congressi, EUR, Roma, “Raccolta del Disegno Contemporaneo. nuove acquisizioni”, Galleria Civica di Modena, “Arte Contemporanea. Lavori in Corso” Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma.

Dal 2000, avvia un più stretto rapporto sul piano personale, culturale e professionale con Francesco Moschini, che sfocia in alcune mostre appositamente pensate e progettate per lo spazio di “A.A.M. Architettura Arte Moderna”, Roma.

Tra le mostre collettive si segnalano: “doppio, triplo, quadruplo”, “D’ailleurs, c’est toujours les autres qui meurent”, “Falsi astratti”, “A perdita d’occhio”, all’Attico.

Nel 1991 si sposa con l’architetto Carla Salanitro. Fondamentali per lo sviluppo della sua poetica e del suo percorso artistico il viaggio in India, con Aldo Colutto, nel 1997 e quello in Cina, con Carlo Laurenti, nel 2003.
Nel 2013 viene invitato a parlare del proprio lavoro all’interno della rassegna ”Martedì Critici”, al Chiostro del Bramante di Roma.

 

 

 

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