Enchanted nature. La fotografa Carla Bordini Bellandi si racconta in un’intervista sulla prossima mostra a Milano, di Anna de Fazio Siciliano

La poetica della tua fotografia artistica è sempre slegata dalla realtà contingente?

No, non lo è sempre, o almeno non lo è in partenza. Per anni ho fotografato molte città in giro per il mondo ma l’esito nella mia immaginazione non è mai stata una “street photography” né tantomeno un report fotografico documentaristico. Il modo che ho di realizzare la fotografia metropolitana non è ritrarre ma interpretare, produrre immagini di una realtà spesso diversa da quella contingente e niente affatto paradigmatica. Mi piace spostare lo sguardo su ciò che è collaterale, quasi invisibile in cui piccole scene o particolari banali prendono vita creando, immagine dopo immagine, storie a sé.

Quali immagini cerchi?

Cerco altri mondi, altri orizzonti più sfumati. In “Everywhere Nowhere”, un lavoro del 2015, luoghi quotidiani, paesaggi consueti fanno da sfondo a scene nelle quali è difficile orientarsi, dove non è chiaro fino a che punto la realtà si spinge, e oltre cui, in fondo, non riesce ad andare se non prima di aver lasciato spazio all’immaginazione o persino alla finzione. Tutto questo, però, assomiglia alla vita (reale) e ritorniamo al punto di partenza della tua prima domanda.

Cos’è più importante per te quando scatti una foto? Quando incornici un’immagine la natura è colta solo nel suo migliore incanto? Mai nel momento più minaccioso?

E come possiamo sapere quando l’incanto si trasforma in minaccia?

La natura è quella che è, non conosciamo mai abbastanza le sue bellezze e le sue insidie. E’ incantevole, armonica, amica, affascinante nelle forme di vita che include e che crea, nella biodiversità perfetta che rappresenta. La stessa natura nello spazio di un istante si trasforma nella minaccia più temibile, nella peggiore delle sciagure.

E questo forse accade perchè rifiutiamo di capirla e di rispettarla, di salvaguardare le forme di vita – donna e uomo inclusi. Le mie foto sono frammenti, momenti, visioni, ritraggono una natura in continuo mutamento, mai uno still life. La colgono nei suoi molteplici aspetti, nella sua indiscutibile armonia – non necessariamente sempre incantevole né positiva. Ritraggono la sua maestà, il suo mistero.

In che termini la tua è un’azione attiva ma silenziosa atta ad attirare l’attenzione sull’ambiente in degrado?

Lo stato di degrado in cui versa l’ambiente deve generare allerta e insieme un atteggiamento etico e responsabile. Io faccio la mia parte, raccontando storie, creando interesse e discussione.

E qui entra in gioco il ruolo dell’arte in generale – nel caso specifico parlerei di ricerca visiva – che diventa il mezzo espressivo ideale e la giusta cassa di risonanza mediante cui divulgare un messaggio. Il mio personale modo di concepire l’arte, la ricerca formale, le mie “fatiche” tecniche prendono forma in un progetto, un ideale globale che va condiviso per parlare, sensibilizzare, accendere l’interesse su una natura che in fondo vorremmo restasse incantata: una enchanted nature.

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