DANIELA PEREGO risponde alle cinque domande di Hidalgo

dani

Daniela Perego, di origine fiorentina, inizia la sua carriera di artista nel 1994, partecipando a numerose collettive. Nel ’96 presenta la sua prima personale a Roma. Ha iniziato la sua ricerca riflettendo sulla luce e sulla sua capacità d’interazione con i materiali più vari. Ben presto ha eliminato la componente fisica dei lavori, attraverso una forma di catarsi che l’ha portata verso la luce pura: un quadrato di luce. Da questo punto di estrema purificazione sono nate le prime proiezioni di diapositive di figure, per approfondire poi con la fotografia ed arrivare al video e alla video-installazione. Negli ultimi due anni ha iniziato ad utilizzare nuove forme di espressione. Ha esposto in gallerie private, spazi pubblici e musei, partecipato a festival e Biennali in Italia e all’estero. Ha esposto, fra gli altri spazi espositivi: Palazzo delle Esposizioni a Roma, National Centre for Contemporary Arts a Mosca, Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, Archivio di Stato a Torino, Palazzo della Permanente a Milano, 60° Festival di Locarno a Locarno, Biennale di fotografia 2006 a Mosca, Festival della fotografia 2011, Auditorium di Roma, Museum Nasional Indonesia, Jakart, Castello Colonna a Genazzano, Castello di Rivara a Torino, Pam di Napoli, Macy a NY, MU.SP.A.C L’Aquila, Maxxi Roma.

Qual è il ruolo della comunicazione, anzi dell’ipercomunicazione tipica dei nostri tempi, nel condizionare le dinamiche del mondo dell’arte?

L’ipercomunicazione non fa altro che confondere le idee su quello che c’é di valido e quello che assomiglia all’arte. Inoltre, dipende anche dalla fonte: quelle ufficiali privilegiano il mercato, le strutture e gli artisti già consolidati che non sempre hanno un alto valore artistico e fra quelle alternative non è semplice districarsi. Qui si può trovare di tutto e se hai tanto tempo a disposizione riesci anche a trovare delle belle iniziative e artisti interessanti. Ma chi ha tanto tempo a disposizione? In sostanza, quello che prevale nella comunicazione non è il meglio a mio avviso, dato che è un intreccio di interessi, mercato, collezionisti non sempre solo amanti dell’arte, gallerie forti e curatori ambiziosi.

In che misura e in che modo la crisi economica e di valori che attraversa l’intero Occidente riverbera e influisce sull’arte contemporanea?


Beh, mi sembra che il risultato lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Ma, se me lo permettete, non esiste crisi economica, politica, morale o di valori che possa fermare un artista “vero”. Sicuramente questa può influenzare il mercato e chi va dietro ad esso. Mi riferisco a quei collezionisti, curatori, galleristi o artisti che non hanno un’idea propria e che si trasformano a seconda del momento, ora esaltando una nuova espressione artistica (che poi raramente lo è) ora rifugiandosi nel “sicuro” (nei momenti di crisi).

Esiste ancora una autonomia e un ruolo per il critico d’arte?

Il lavoro del critico dovrebbe essere assolutamente autonomo e lo potrebbe essere se si riacquistassero quei valori adesso annacquati dagli interessi personali. Tuttavia, ci sono giovani e meno giovani, sia critici che curatori, che ci credono fortemente e che sono ancora puri. Il problema è capire quanto riusciranno a resistere. Il loro ruolo? Scoprire nuovi bravi artisti o riscoprire quelli che fino ad ora non sono ancora emersi e portarli avanti con coraggio… Insomma, un lavoro difficile per il quale ci vuole un vero talento e tanta determinazione che purtroppo non molti hanno e quindi non pochi si piegano a dinamiche, a mio avviso, sterili.

Che ruolo gioca il sistema dell’arte nella selezione delle figure più influenti e di successo?

Gioca un ruolo totalizzante, ahimé.

Quali ti sembrano le figure di intellettuali (curatori, direttori di museo, filosofi) prestati all’arte di maggiore interesse ?

Non sono moltissimi ma ci sono. Spesso sono quelli che lavorano in silenzio, fuori dal circuito ufficiale, che non stanno troppo dietro alle mode e ai meccanismi perversi del mercato.

Vorrei segnalare quattro persone che stimo moltissimo. Ognuna di loro ha una propria singolarità. Li cito in ordine alfabetico e non di importanza per me.

Pino Casagrande: “sincerità” nel lavoro e nella vita, un vero signore oltre che gran gallerista.

Achille Bonito Oliva: “occhio incredibile”. In una frazione di secondo coglie la persona e il suo lavoro riuscendo a prevedere come si svilupperà senza sbagliarsi.

Franz Paludetto: “genio e sregolatezza”. Fuori dagli schemi in tutto, è entusiasmante e istruttivo lavorare con lui.

Paolo Rosa: “umiltà” (quella che manca a molti artisti). Artista “vero”, filosofo, insegnante, precursore, ideatore, pensatore?… non saprei come definirlo… parlare con lui era illuminante.

 

 

 

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2 Comments

  1. federica

    Cara Daniela,
    condivido tutto, anche se mi piacerebbe che i” veri artisti” come te, oltre che la consapevolezza di un sistema ingessato avessero uno slancio ed una speranza maggiore.
    Ottimo essere lucidi, ma la lucidità del proprio intento dev’essere inarrestabile e la fiducia nel proprio lavoro assoluta.
    Sai quanto stimo te ed il tuo lavoro… è proprio in momenti difficili come questi che esistere e resistere diventa importante.
    xx federica

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  2. Lucilla Catania

    Cara Federica,
    credo che l’artista oggi dovrebbe tornare ad essere quell’intellettuale “organico”, di cui Gramsci parlava dal carcere, capace di occuparsi del mondo in ogni suo aspetto, quello creativo, a lui più consono, ma anche quello operativo/ /politico. Riprendere la parola e l’azione anche se ciò può sembrare un ingenua utopia…personalmente non vedo altra strada se vogliamo dare, come tu dici, una “speranza maggiore”.
    Lucilla

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