Artissima intelligente, di Pia Capelli (Il Sole 24 ore, 9-11-2015)

 

2015_01Ultimo giorno di apertura oggi a Torino per la ventunesima edizione di «Artissima». Qualche bilancio si fa subito, molti conti saranno da fare dopo. Sul fronte positivo: la fiera torinese pare una creatura consapevole di sé, della propria posizione come fiera italiana del contemporaneo, delle aspettative che deve colmare, anche finanziariamente. La terza edizione diretta da Sarah Cosulich Canarutto, pur colpita dai seri tagli di budget, ha sfoderato tutto il sex appeal (in senso artistico e commerciale) reperibile. In fiera ha inserito «Per4m» una sezione dedicata alla performance – non la più riuscita del mondo, ancora da perfezionare, ma intrigante. Ha fatto una buona scelta di 194 gallerie, di cui 137 straniere (pare che il prossimo passo sarà un ulteriore snellimento), ha tenuto fede alla sua vocazione internazionale e le cose sembrano essere andate bene. Si è venduto subito parecchio, dai duemila euro dei bei multipli e libri d’artista sino alle grosse installazioni di Lara Favaretto e Tunga (si è visto perfino sorridere Franco Noero).
Off fiera invece, la Torino di «Artissima» ha puntato tutto, ma proprio tutto, su Cattelan, che come curatore ha fatto da padrone di casa – forse clonandosi perché era ovunque contemporaneamente – con la sua «Shit and Die», «Caga e muori» (aperta fino a gennaio) a Palazzo Cavour. Mostra di difficile leggibilità ma notevolissimo impatto mediatico, che fa il suo lavoro di richiamo del pubblico internazionale. Una successione di sale-concept che bisogna per forza definire «un’operazione intelligente», con le opere smart (Vezzoli e Yan Pei Ming e Condo e Tayou) dei galleristi cool ma in contesto ironico dark e fetish e design, dove tutto è «al posto giusto nel momento giusto»: lo sfottò (intelligente) al jet set sabaudo, il recupero e l’accostamento (intelligente) di figure e luoghi storici della Torino dell’arte, Mondino e Mollino e Boetti ma anche Talponia e Lombroso, la sezione porno-femminista-intelligente con Sylvia Sleigh, e così via, fino alla saletta in cui Cattelan in persona durante il vernissage ha timbrato sulla fronte i visitatori con la scritta «Shit and Die», regalando loro un’aria ancora più intelligente.
Intorno ad «Artissima» e a questa cattelanizzazione della narrativa torinese, intanto, sono fiorite le altre fiere («Flashback», «The Others», «Photissima»), «Paratissima», le «Luci d’Artista», i party (anzi gli Shit and Party). Alla Gam ci sono Cecily Brown, le carte di Lichtenstein, Casorati. Alla Fondazione Merz ci sono i Masbedo, alla Pinacoteca Agnelli c’è Martino Gamper, alla Fondazione Sandretto David Ostrowski e Isa Genzken, a Casa Mollino c’è Sèance, video di Yuri Ancarani. Tutte mostre che proseguono. Ristoranti pieni, hotel a prezzi doppi, tassisti contenti. Peccato però – e questo è il fronte negativo – che questo collegamento di «Artissima» alla città di Torino non si allacci bene ai suoi musei. Il giorno prima dell’apertura della fiera, al Castello di Rivoli si aggirava una manciata scarsa di visitatori. Le due magnifiche mostre, quella potentissima e commovente di Sophie Calle, «Madre», e quella (che vorrei definire intelligente ma a questo punto è meglio di no) intitolata «Intenzione Manifesta», dedicata al disegno come gesto dell’artista, sono penalizzate (anche) dalla mancanza di uno straccio di navetta. Bisognerà che questa Torino intelligente prima o poi diventi… intelligentissima.

 

 

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2 Comments

  1. Carlo Cammarota

    Freddezza e tristezza di una manifestazione celebrata da critici di moda, giornali asserviti e gallerie snob- soprattutto straniere , per dare un aria
    di internazionalità-.
    Patetica rituale rincorsa al nuovo che alla fine è sempre uguale e noiosamente ripetitivo.

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