ANTONIO ZAMBARDINO. UN FOTOGRAFO ULISSICO, UN AMICO LONTANO di Valentina Gramiccia

Non amo i necrologi. Sono spesso retorici e di circostanza. Preferisco raccontare la vita piuttosto che la morte. Preferisco i ricordi e la memoria perché sono il sangue e la carne della storia.

Conobbi Antonio un’estate torrida di sei anni fa. Eravamo a San Lorenzo e la mia amica Andreea me lo presentò entusiasta, perché sapeva che avevo un debole per gli occhi furbi… Li riconobbi immediatamente, infatti. Diventammo amici, se pur per un breve periodo, lungo il tempo di un vacanza, consumata a Sestri, un tesoro italico sulla costa ligure, poco prima che Antonio partisse per un lungo viaggio fotografico nel West Virginia, affrontato per documentare i paesaggi alluvionati. Mi colpì la disinvoltura con la quale invitò una semisconosciuta, come me, a passare una settimana nella sua casa di famiglia arroccata sulla costa, di vedetta sul mondo. Ebbi un attimo di esitazione poi accettai, con la medesima disinvoltura. Intuii subito che sarebbe stata una vacanza diversa dalle altre. Ricordo con piacere un pranzo con i parenti. Un pranzo italiano. Almeno tre generazioni a confronto. Una famiglia calda, accogliente in cui ancora si consumavano conversazioni accese di politica, cultura, cibo e vino. Mi conquistò immediatamente. La sua famiglia gli somigliava molto ricordo…

I giorni passarono rapidissimi, lunghe notti con gli amici a picco sulla Baia del Silenzio, ma in silenzio non ci stava nessuno. Per fortuna. I racconti di Antonio erano i protagonisti. Antonio era un fotoreporter free lance (lunga la collaborazione con l’Agenzia “Contrasto”, significativi i contributi pubblicati sul “Guardian” e sul “New York Times”). Con la sua macchina fotografava il mondo, i paesaggi e la gente. Dall’Asia al Medio Oriente, dall’Europa agli Stati Uniti. Ha raccontato l’efferatezza della guerra in Iraq, la violenza della natura e delle sue manifestazioni climatiche, la Virginia, il Pacifico e il Vietnam. E ha realizzato un bellissimo reportage sui rifiuti campani, antiretorico, antisensazionalistico. Vero e autentico come pochi. Poi ci fu l’amore per il sud est asiatico, ma già persi di vista Antonio. Lui le colonne d’ercole le aveva bissate più volte, per questo mi piaceva chiamarlo “amico ulissico”. Non glielo dissi mai ma credo che gli sarebbe piaciuto. Ciao Antonio.

http://www.antoniozambardino.com

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