A PROPOSITO DEI VOLTI DI ANDREA FOGLI, di Roberto Gramiccia

_cMG_0515 Della mostra di Andrea Fogli al Museo di Porta San Paolo, inauguratasi il 25 aprile e visitabile fino al 24 maggio, è indubbiamente il repertorio dei suoi volti a colpire di più. E oggi le magnifiche immagini fotografiche realizzate da Claudio Abate ne restituiscono il senso più profondo anche a chi non ha avuto l’opportunità di osservare da vicino quel piccolo-immenso popolo di fragili creature. Fragili in quanto umane, anche quando si credono forti. È questa “fragilità in cerca di sollievo”, in cerca di sollievo nella relazione con l’altro, che risiede – mi pare – il centro dell’indagine di Andrea Fogli, in questa come in altre occasioni.

Un sollievo oggi negato dall’indifferenza che – come lui ben osserva – è divenuta il tratto dominante delle nostre metropoli postmoderne. Un’indifferenza tossica che avvelena le coscienze. Figlia di quel pensiero unico che ritrova nell’idiotismo individualista il suo perno. Ignorare l’altro nella pretesa folle che solo il quotidiano coltivare le proprie miserie personali possa rappresentare lo scopo di un essere senza più tempo, né ragione. “Odio gli indifferenti…” diceva Gramsci, che vedeva nell’accidia sociale il nemico da battere, perché ad essa riconduceva le ricorrente sconfitta dei più deboli, degli sfruttati, dei reietti.

 

Scrive Lévinas: «Nel semplice incontro di un uomo con l’altro si gioca l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’epifania del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto». Ecco, l’indifferenza scioglie i legami fra i volti, li separa e li allontana, trasformando la fragilità in isolamento, la rabbia in rassegnazione, il conflitto in passività, la “pietas” nella disponibilità ad essere complici di chi detiene il potere.

_dMG_0513L’operazione di Andrea Fogli è quella di riavvicinare questi volti, di dare senso alle loro vicende proprio nell’atto di recuperare una loro vicinanza. Che le espressioni dei volti siano spesso dolenti è naturale. Dolorosa, infatti, è in sé l’esperienza dell’esistere e su di essa spesso si abbatte l’infamia dell’ingiustizia e dello sfruttamento. Anche per questo – per combattere ingiustizia e sfruttamento – c’è bisogno di essere “confederati” nell’umana compagnia. Ce lo ricorda il poeta de “La Ginestra” che di sofferenze e di dolori fu un collezionista.

C’è poi il luogo e l’occasione che Fogli ha scelto per presentare la schiera dei suoi volti. Porta San Paolo e il 25 aprile. Una scelta che imprime forza e senso all’operazione e, per una volta, spezza e manda in frantumi quell’involucro di assoluta impoliticità e di vago genericismo che connota molte delle operazioni dell’arte postcontemporanea, sempre alla ricerca di un consenso fondato sull’adesione al non scritto “regolamento del successo”. Un regolamento fondato su un disimpegno procedurale e sistematico che presta attenzione unicamente alle sirene del successo.

Ci vuole coraggio oggi a scegliere la ricorrenza della liberazione per inaugurare in un luogo simbolo della resistenza una mostra che del popolo dei vinti fa il protagonista principale, proprio nel giorno in cui quei vinti trovarono la forza di ribellarsi all’oppressore nazifascista. La buona arte per essere tale non ha bisogno di fare celebrazioni. Ma non ha bisogno nemmeno di fuggire dalle proprie responsabilità. I volti estratti dalla terracotta da Andrea Fogli, meritoriamente, ce lo ricordano. È anche per questo che invitiamo tutti quelli che non lo hanno ancora fatto a visitare questa mostra.

Info:http://hidalgoarte.it/2016/04/21/il-fantasma-della-resistenza-andrea-fogli-inaugura-la-rassegna-resistenza1/

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